VISHING: la chiamata della banca è una truffa… come difendersi?
Il “vishing” (acronimo di “voice phishing”) è un tipo di truffa che permette al lestofante di turno di fingersi un operatore di una banca o istituto di credito. Contattata per telefono la sua vittima, spesso utilizzando lo stesso numero telefonico del call center di una banca, accampa un pretesto come n problema tecnico e pone in essere un accesso forzato al conto corrente, per ottenere i dati personali del correntista.
Spesso i numeri della carta, carpiti con furti mirati, fanno credere al malcapitato che si tratti veramente di un operatore bancario. Rispondendo alle domande e comunicando i propri dati il raggiro sarà compiuto. E addio tranquillità: grazie ai dati da forniti, codice PIN o codici di accesso al conto corrente, per il truffatore azzerare il conto sarà un gioco da ragazzi.
Truffe come il “vishing” sono piuttosto semplici da riconoscere; nessun operatore di nessuna banca chiede ad un cliente per telefono dati sensibili come questi. Quando si ricevono questi tipi di telefonate la cosa migliore da fare è quindi riagganciare la chiamata quanto prima per poi bloccare immediatamente il numero sconosciuto.
Ma che fare se, a truffa ormai riuscita, il malcapitato si accorge della sottrazione della somma dal proprio conto corrente? Ci sono, e quali sono, le tutele?
Ovviamente, va presentata denuncia ai Carabinieri.
Inoltre rivolgendosi a un legale di propria fiducia, si può intentare, esaminati tutti i dettagli del caso, un’azione risarcitoria verso la banca, facendola precedere da un’istanza di mediazione in base all’art. 5 del D.Lgs. 28/2010, ovvero ricorrere all’Arbitrato bancario e finanziario (ABF).
Spesso le banche sono state condannate a rifondere i danni patiti dai clienti truffati poiché ai sensi dell’art. 10, co. 1 del D.lgs. n. 11/2010 (attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno), il disconoscimento da parte del cliente dell’operazione fraudolenta implica l’inversione dell’onere probatorio. Sicché sarà l’istituto bancario a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno e che l’operazione contestata è riconducibile a colpa grave del proprio cliente.
Qualora la chiamata risulti palesemente falsa, rendendo lampante lo scopo fraudolento anche ad un soggetto non “professionista della materia”, il cliente non potrà di certo pretendere alcun risarcimento.
Inoltre andrà accertato se la banca abbia avvisato il cliente (anche a mezzo mail, tramite newsletter) della necessità di non comunicare in via telefonica i propri dati personali.
Nel corso del 2020 c’è stato un allarmante incremento della pratica chiamata “vishing”, tanto che il numero delle denunce si è letteralmente triplicato rispetto all’anno 2019.
Tutto fa pensare che 2021, dal punto di vista delle truffe, non porti a niente di buono....