La figura dell’amministratore di sostegno nel nostro ordinamento è stata istituita con la legge n. 6 del 2004 e ha lo scopo di tutelare e assistere una persona (cd. beneficiario) che si trova in situazioni di fragilità, senza privarla della sua capacità d’agire (l'attitudine del soggetto a compiere atti giuridici finalizzati ad acquistare o ad esercitare i propri diritti e ad assumere obblighi).
La Corte di Cassazione (ordinanza n. 24732/2024) si è pronunciata su una questione alquanto problematica circa la rilevanza della volontà delle scelte e delle decisioni che possono essere prese dal beneficiario.
La questione sorge da una vicenda nella quale un figlio di un beneficiario presenta istanza di nomina di un ADS per il padre, soggetto beneficiario, ma questo in opposizione alla richiesta aveva manifestato la volontà di nominare come ADS la moglie.
Nonostante ciò, il giudice tutelare accoglie la richiesta del figlio di nominare un terzo come ADS, decisione poi confermata anche dalla Corte d’Appello di Torino.
La Cassazione è stata quindi chiamata a valutare se il beneficiario, in una situazione di conflittualità familiare, potesse mantenere il diritto di scegliere il proprio amministratore e in che misura la sua capacità processuale potesse essere limitata.
Secondo l’ordinanza l’amministratore deve proteggere il beneficiario ma senza l’imposizione di scelte limitanti la sua libertà; deve quindi rispettare le indicazioni del beneficiario, a meno che tali decisioni risultino dannose o impossibili da attuare. La nomina di un amministratore di sostegno non comporta automaticamente la perdita del diritto di agire in giudizio.
Questa impostazione è strettamente connessa all’art. 408 del Codice Civile, il quale prevede che il beneficiario possa indicare preventivamente la persona destinata a ricoprire il ruolo di amministratore, garantendo così che tale figura sia designata nel rispetto delle sue preferenze.
L’ordinanza mette in evidenza un aspetto fondamentale dell’amministrazione di sostegno: la necessità di garantire la dignità del beneficiario.
Ciò significa che l’amministratore deve operare in modo tale da preservare la capacità decisionale del beneficiario, riconoscendone il diritto a decidere in autonomia, per quanto possibile. Questo implica anche il rispetto della volontà espressa dal beneficiario in merito a questioni quali la scelta del luogo di residenza, la gestione delle proprie finanze e le decisioni legate alla salute.
La Corte di Cassazione, nella sua interpretazione, ha stabilito che l’amministratore deve essere un facilitatore, piuttosto che un sostituto, delle scelte del beneficiario.
L’ordinanza segna un punto di arrivo molto importante nel nostro ordinamento: se in passato, il ruolo dell’amministratore era spesso interpretato come una forma di tutela simile all’interdizione, oggi si tende a considerare il beneficiario come un individuo capace di esprimere preferenze e desideri, che devono essere rispettati, quando possibile.
L’ordinanza in questione evidenzia l’importanza di adottare un approccio personalizzato: l’amministrazione di sostegno deve adattarsi alle esigenze specifiche del beneficiario.