Il 2 giugno 1946 gli italiani vennero chiamati alle urne per votare il Referendum sulla forma istituzionale da dare al Paese.
Per la prima volta furono ammesse al voto anche le donne.
Risultato: Repubblica, 12.718.641 voti; Monarchia 10.718.502.
Da allora il 2 giugno si celebra la nascita della Repubblica italiana.
Il 22 dicembre 1947 l'Assemblea Costituente approvò la Costituzione della Repubblica Italiana, la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiana.
La Costituzione italiana venne promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947 e pubblicata lo stesso giorno nell'edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.298.
Entrata in vigore il
1 gennaio 1948, constava di 139 articoli e 18 disposizioni transitorie.
Le sue norme sono distinte in tre gruppi:
- il primo riguarda i principi fondamentali dell'ordinamento italiano
- il secondo stabilisce i diritti ed i doveri dei cittadini (Parte I)
- il terzo determina l'ordinamento della Repubblica, regolando i suoi organi principali e le loro funzioni (Parte II).
Il sistema costituzionale adottato è quello di tipo rigido e la trasformazione delle sue norme può essere disposta solo con legge costituzionale, emanata con particolare procedura parlamentare.
Ogni legge normale che deroghi ai suoi princìpi può essere impugnata per incostituzionalità dinanzi alla Corte Costituzionale.
Esso si componeva originariamente di centotrentanove articoli e di XVIII disposizioni transitorie e finali, ed è stato oggetto sinora di molteplici revisioni costituzionali, con cui si è provveduto ad integrare ed aggiornare il testo originario.
Tra queste si segnala, in particolare, la revisione integrale del titolo V della parte II della Costituzione, relativa alle autonomie territoriali, operata con la l. cost. n. 3/2001; mentre, per altro verso, nessuna delle proposte formulate sin dagli anni ottanta del Novecento per modificare la forma di governo ha trovato il consenso del Parlamento e/o del corpo elettorale, come dimostrato, da ultimo, dalla reiezione del referendum costituzionale del 2016.
Alcuni degli istituti previsti nel testo costituzionale hanno dovuto attendere molti anni prima di entrare in funzione, mentre altri continuano addirittura ad attendere ancora un’attuazione da parte del legislatore ordinario.
Nella prima categoria rientrano la Corte costituzionale, che vide la luce soltanto nel 1956; il Consiglio Superiore della Magistratura, entrato in funzione solo nel 1958; il
referendum abrogativo, la cui legge attuativa fu approvata solo nel 1970; le Regioni ad autonomia ordinaria, la cui travagliata istituzione è avvenuta con la prima elezione dei Consigli Regionali nel 1970. Nella seconda categoria rientrano, tra gli altri, le previsioni costituzionali sui sindacati (art. 39 Cost.) e sui partiti politici (art. 49 Cost.).
Sin dalla sua approvazione, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate con diversità di vedute sul valore da attribuire alle disposizioni della Costituzione e soprattutto ai suoi principi: mentre la Corte di cassazione, con la sent. del 7.2.1948,
Marcianò, ha finito per dare una sorta di copertura giurisprudenziale alle inattuazioni della Costituzione e alla permanenza in vigore della legislazione prerepubblicana, distinguendo tra norme
precettive(immediatamente applicabili) e norme
programmatiche (unicamente rivolte al legislatore), alcuni esponenti della dottrina costituzionalistica, tra cui in particolare Crisafulli hanno sostenuto, invece, l’immediata applicatività, seppur con forza diversa, di tutte le disposizioni della costituzione, anche se programmatiche. Quest’ultima posizione è stata poi fatta propria dalla giurisprudenza costituzionale, la quale, sin dalla sua prima sentenza del 1956, ha ritenuto la distinzione tra norme programmatiche e norme precettive irrilevante ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, potendo l’illegittimità costituzionale di una legge anche discendere anche da una disposizione costituzionale di principio.
Hans Kelsen l'avrebbe definita la GRUNDNORM italiana.
Venendo specificamente agli articoli, i primi 12 esprimono i principi fondamentali su cui devono essere interpretate le norme.
I principali sono: principi di democrazia, principio lavorista, di libertà, di eguaglianza e di pluralismo, ampio riconoscimento dei diritti civili e politici essenziali, che sono garantiti nella loro immodificabilità: l'uguaglianza davanti alla legge e l'inviolabilità dei diritti dell'uomo, tutelate sono le minoranze linguistiche, riconosciuti esplicitamente i diritti della famiglia, dei minori, il diritto alla salute, la libertà delle arti e delle scienze, il diritto all'istruzione, il diritto alla vita, alla salute, le libertà civili affermatesi come alla libertà di religione, la libertà d’associazione e di espressione, il principio di eguaglianza.